Abbi, Donna, il coraggio di denunciare #25novembre

Di Antonietta Bivona e Chiara Grasso

Grazie alla risoluzione ONU 54/134 del 17 dicembre del 1999, che ha istituito la “Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, il 25 novembre di ogni anno è diventato uno di quei giorni in cui media e social network si mobilitano affinché ognuno di noi ricordi che le donne quotidianamente subiscono violenze. Si fa a gara per contare le vittime, si tirano fuori numeri, statistiche; in tv si parla di prevenzione, si trasmettono spot con donne dai lividi perfettamente studiati, figure istituzionali si schierano a favore di questo o quell’altro. Si parla, si discute, si ostenta solidarietà e ci si definisce femministi. Nel frattempo gli stereotipi continuano, le violenze pure, e il giorno dopo tutto torna come prima.

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Ma ogni giorno, dal primo giorno dalla storia dei tempi, cosa succede realmente?

I numeri delle vittime di violenze di genere dimostrano tutt’altro che i buoni propositi e la caparbietà che, in una giornata istituita come giornata del ricordo, tutti ostentano. Ogni giorno una donna muore a causa della violenza. Ogni giorno più di una donna, in qualsiasi parte del mondo, subisce violenza. Violenza che va da quella fisica, passa per quella sessuale e arriva fino alla peggiore: quella psicologica, sopruso che si protrae nel tempo che uccide lentamente l’animo.

I numeri sono agghiaccianti, ma contano poco. Domani li scorderemo. Ma dal punto di vista pratico, da quello giuridico, quali tutele esistono oggi e quali possiamo ritenere effettivamente valide?

In Italia, la legislazione penale degli ultimi anni sembra essersi sensibilizzata. Il senato ha adottato all’unanimità una mozione unitaria firmata da tutti i partiti per invitare il governo a ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Entro la fine di questa legislatura, il Governo si dovrà impegnare a realizzare norme che disciplinino con maggiore imperatività gli atteggiamenti discriminatori e violenti, fornendo – dal punto di vista sostanziale e processuale – “maggiori tutele”, dal mobbing sul lavoro al dramma delle cosiddette dimissioni in bianco, dalle violenze domestiche a quelle sessuali.

Sul fronte della violenza domestica e mobbing, il legislatore ha riscritto l’art. 572 del codice penale,
ampliando il reato alle ipotesi di maltrattamento contro i familiari e i conviventi. Anche la pena edittale è aumentata: dai due ai sei anni di reclusione. Inoltre, se la disciplina riguardante le intercettazioni telefoniche restasse immutata, per il reato sopra novellato è prevista la possibilità di procedere ad intercettazioni di conversazioni o comunicazioni fra presenti, collocando degli strumenti di ascolto nelle abitazioni, nelle comunità o nei luoghi di lavoro dove sono in essere attività violente nei confronti della vittima.

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Anche sul fronte dei maltrattamenti in famiglia si è intervenuto: il termine di prescrizione del reato – dapprima di sette anni e sei mesi per tutti e tre i gradi di giudizio – è stato raddoppiato. In tal modo, infatti, la vittima non rischia più la mancata tutela a causa della beffa della prescrizione, vista la irragionevole durata dei processi. Una forte tutela processuale della vittima di violenza domestica o sessuale deriva poi dalla possibilità, già introdotta con la legge in materia di stalking ma scarsamente praticata, di procedere all’assunzione anticipata della testimonianza con la formula dell’incidente probatorio, durante la fase delle indagini preliminari. Tale previsione permetterebbe alla donna di uscire dal circuito processuale senza necessità di essere richiamata, magari dopo molti anni, con la possibilità di essere sottoposta a pressioni esterne per ridimensionare quanto già precedentemente dichiarato o a rivivere la sua drammatica esperienza.

Inoltre, si auspica un maggiore intervento a livello penale europeo volto a debellare tali atteggiamenti che pongono la donna in una posizione di subordinazione alla figura maschile.

Ma nel frattempo? Le violenze continuano, i “festeggiamenti” del 25 novembre, ahinoi, pure.

Conducendo delle ricerche in proposito, ci siamo accorte che i motivi e i meccanismi che stanno alla base della violenza sulle donne non sono nuovi. Anzi, sono vecchissimi. E sono sempre gli stessi: a partire già dalla mitologia classica che vanta una serie di innumerevoli casi, che trovano corrispettivo e applicazione anche oggi. Dall’infelice storia della bella Persefone, rapita da Ade invaghitosi di lei, a quella della ninfa Eco che pur di sfuggire a Pan, dio dei boschi e uno degli stupratori più temuti dell’Olimpo, si trasforma in voce. Come lui, moltissimi altri dèi e 01232personaggi maschili assumevano varie sembianze e utilizzavano stratagemmi vari pur di circuire le loro vittime: cambiando aspetto, improvvisandosi giovani e dolcissimi amanti e mariti, e mescolandosi perfettamente con la realtà tanto da non essere percepiti per quel che realmente sono: un pericolo violento. Non è quello che accade anche ai giorni nostri? È un circolo che si perpetua nel tempo. Oggi, infatti, solo una piccolissima percentuale delle violenze sessuali è consumata da sconosciuti, mentre per la grande maggioranza si tratta di aggressori che le vittime conoscono benissimo.

Ma dalla mitologia classica arrivano anche dei bellissimi esempi di denuncia, ed è con questi che vogliamo lasciarvi: col mito di Aracne, una giovane ragazza che ha il coraggio di denunciare stupri e abusi a dispetto di ciò che la società benpensante vuole sentire e a discapito delle conseguenze che la vedono trasformata in ragno per aver buttato giù il muro di omertà che la circondava; e con la figura di Filomena, silenziosa tessitrice, vittima di soprusi e violenze, che tramite i ricami nel proprio abito tenta di lanciare segnali di aiuto che solo un osservatore attento può riuscire a cogliere. La figura di Filomena è forse quella che più rappresenta quel 90% di donne che oggi non denuncia un abuso, quel 90% che per motivi culturali, ideologici o per paura, rimane in silenzio a lanciare segnali criptati che sono difficili da decifrare. A tutte le Filomena di oggi, noi vogliamo lanciare un messaggio, che vada al di là di questa giornata e che persista ancora domani: abbi, Donna, il coraggio di denunciare!