Per fare il Ministro non serve la laurea

di Fabiano Catania

Ci hanno insegnato che per essere qualcuno devi studiare. Ci hanno detto che la laurea è fondamentale se vorrai ricoprire un giorno incarichi importanti e guadagnare bene.

Ci hanno etichettati come “bamboccioni” se a 30 anni siamo ancora a casa dei genitori, “choosy” se non accettiamo il loro modello di sfruttamento gratuito mascherato da formazione.

Oggi invece, quando pensi di averne sentite abbastanza, leggi le dichiarazioni del ministro del lavoro Poletti: “Laurea a 28 anni con 110 e lode? Non serve a niente, meglio a 21 con 97″. Qualcuno diceva che “non c’è mai fine al peggio” ma forse quel qualcuno non si riferiva all’Italia

fonte: www.ilfattoquotidiano.it

Il ministro Poletti, allora dirigente della Lega Coop, a cena con alcuni imputati di Mafia Capitale

Già, quel Paese governato da una classe dirigente mai competente per il ruolo che ricopre ma che non si astiene mai dal dispensare consigli e consulenze per i giovani. Fa specie certamente leggere le dichiarazioni di un ministro come Poletti, esponente storico delle cooperative rosse oggi immischiate in ogni forma di reato, che per il suo delicatissimo ruolo non ha avuto bisogno della laurea ma gli è bastato un qualificatissimo diploma di perito agrario. Ma non è il solo: il governo Renzi, è vero, è il più giovane in base alla media di età anagrafica (47,8 anni) eppure annovera nella sua squadra personaggi dalla discutibile competenza: oltre al ministro Poletti, infatti, il Ministero della Salute è saldamente nelle mani di Beatrice Lorenzin che, dall’alto del suo diploma di maturità classica, lo amministra con rara abilità.

Che dire poi del Ministero della Giustizia?

Di certo il Ministro della Giustizia Orlando come minimo sarà un avvocato e forse addirittura un magistrato. Niente di tutto ciò: maturità scientifica. Confesso di aver cercato su internet tra gli sbocchi lavorativi del suddetto liceo ma non ho trovato la voce “ministro della giustizia” quindi probabilmente ho commesso un grave errore quando scelsi la scuola da frequentare anche perché nemmeno tra gli sbocchi occupazionali del liceo classico ho trovato “Ministro della Salute”. Ma si sa, in Sicilia non funziona niente, magari avrei dovuto frequentare il liceo da un’altra parte.

Dunque tre dei ministeri più importanti del nostro governo sono in mano a soggetti che non hanno studiato le materie per cui dovrebbero essere competenti. Secondo un grafico pubblicato da Linkiesta, il 23,5% di coloro che ci governano non ha nemmeno la laurea. Quella fornita dal magazine è una fotografia impietosa di un Paese che predica bene e razzola male e noi giovani dobbiamo continuare a berci le favolette sulla meritocrazia e sullo studio.

Basta dare uno sguardo oltre i nostri confini per accorgersi che in Germania, nella squadra di governo della Merkel, è presente un solo non laureato mentre in Francia tutti i ministri hanno almeno la laurea.

Negli USA il “degree” invece è solo il primo step: pochissimi quelli che possiedono “solo” la laurea, moltissimi quelli con master e PhD. Se si va un po’ più a Nord ci si imbatte poi nel “sorprendente” Canada. Leggendo la lista dei neo ministri canadesi si rimane sconvolti: sono tutti al posto giusto, 15 donne e 15 uomini. Per fare alcuni esempi, il ministro della Salute è un vero medico; il Ministro per la Scienza è un premio Nobel; Il ministro per le Istituzioni Democratiche è una rifugiata musulmana; il ministro dei trasporti è un astronauta e addirittura il ministro per le donne è una donna.

Chissà cosa è passato nella testa del primo ministro canadese Trudeau quando ha stilato questa lista. 

fonte: www.ilpost.it

La squadra di Governo canadese

Se ogni storia ha la sua morale, questa che ho provato a raccontare probabilmente ne ha più di una: non importa quello che i politici diranno di noi, ci criticheranno sempre anche quando sarebbe meglio restare in silenzio.

Vivere in Italia è difficile: ogni giorno questo Paese mette a dura prova la nostra voglia di rimanere qui ma quando sarete sul punto di dire: “Adesso veramente basta, lascio tutto e vado via”, fermatevi un attimo e riflettete perché un motivo per restare c’è: date uno sguardo al vostro Curriculum, sia esso in formato europeo o meno. Probabilmente sarà molto più qualificato di buona parte del governo italiano.

Magari non potrete fare i ministri dato che sarete troppo competenti ma c’è sempre la formazione, ovviamente a titolo gratuito.

L’11 settembre d’Europa

di Fabiano Catania

E’ l’11 settembre d’Europa.

All'esterno di un ristorante dopo una delle sparatorie a Parigi, il 14 novembre 2015. (Philippe Wojazer, Reuters/Contrasto)

All’esterno di un ristorante dopo una delle sparatorie a Parigi, il 14 novembre 2015. (Philippe Wojazer, Reuters/Contrasto)

Si sono subito affrettati i media a chiamare così quello che stava succedendo davanti ai nostri occhi questa notte. Una tragedia efferata quanto, purtroppo, annunciata.

Questa notte davanti ai nostri occhi abbiamo visto il dramma di una capitale, Parigi, in ginocchio e sotto assedio. Diversi attentati, 7 secondo le prime fonti, hanno colpito contemporaneamente alcuni punti più o meno strategici della città. Da una parte lo Stade de France nella zona di Saint Denis, che in quel momento ospitava l’amichevole di calcio tra Francia e Germania. Proprio in quello stadio un boato, scambiato inizialmente per il solito petardo di qualche tifoso più “passionale”, è stato il segnale di un qualcosa che stava per accadere e che probabilmente resterà a lungo nella storia e nella nostra memoria di europei e di esseri umani.

Dall’altra parte il “Bataclan”, sala per concerti, che in quel momento doveva ospitare lo spettacolo live della band americana “The Eagles of Death Metal” ma si è trasformata immediatamente in un covo di paura e orrore per i malcapitati all’interno del locale. Un commando di uomini armati di kalashnikov ha fatto irruzione dopo un’esplosione e ha preso in ostaggio un centinaio di persone. Testimoni hanno parlato di spari che sarebbero durati 10 minuti ininterrottamente e di esecuzioni da parte dei terroristi nei confronti degli ostaggi. Dopo l’irruzione delle forze speciali della polizia francese il bilancio assomiglia ad un bollettino di guerra: più di 140 vittime, nel cuore dell’Europa, ma il numero esatto è ancora da accertare.

Parigi - «Ricordate il 14 novembre. (I francesi) non dimenticheranno questo giorno come gli americani l'11 settembre»: così l'Isis ha celebrato la serie di attentati a Parigi

Parigi – «Ricordate il 14 novembre. (I francesi) non dimenticheranno questo giorno come gli americani l’11 settembre»: così l’Isis ha celebrato la serie di attentati a Parigi

Su Twitter non è tardata la rivendicazione dell’ISIS, forte nella sua lucida follia: “Remember, Remember the 14th of November #Paris. They will never forget this day same as 11 September to the Americans” (Ricorda, ricorda il 14 novembre #Parigi. Non lo dimenticheranno mai come gli Americani non dimenticheranno l’11 settembre).

La rivendicazione si inquadra all’interno di atti di vendetta nei confronti della Francia, colpevole secondo Is, di aver bombardato nei giorni scorsi la Siria.

Contemporaneamente altri attacchi in altri punti di Parigi hanno funestato questa notte tra il 13 e il 14 novembre.

Questi sono fatti, tragici certamente, che ci lasciano attoniti e impotenti davanti a questa violenza.

Cosa resta però?

Restano degli spunti di analisi che forse non è il momento di prendere in considerazione ma che il sottoscritto non riesce a scacciare proprio perché a quest’ora tarda della notte, dopo le bombe, gli spari, le immagini della disperazione e della paura negli occhi delle persone, dormire è impossibile. Molto più facile mettere, ancora una volta, in discussione la realtà e il mondo stesso in cui viviamo.

La Francia dimostra una preoccupante impreparazione dal punto di vista della sicurezza interna, difetto che era emerso con forza già dopo l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo di inizio anno. Ovviamente risulta impossibile controllare ogni persona e ogni luogo nel proprio territorio nazionale ma gli ultimi avvenimenti dovevano e devono servire da monito per lo stato francese. Il Paese transalpino probabilmente mostra al mondo anche un altro elemento che può risultare interessante: il sostanziale fallimento del modello di integrazione francese che integrazione ha ben poco e che porta, paradossalmente, alla ghettizzazione e le periferie parigine ne sono l’esempio più chiaro. 

sarebbero 7 i luoghi presi d'attacco dalla barbarie di questo 14 novembre.

sarebbero 7 i luoghi presi d’attacco dalla barbarie di questo 14 novembre.

Stanotte l’Isis si è tolta definitivamente la maschera, dopo mesi di minacce. Stanotte ci hanno dimostrato di essere più organizzati, attrezzati e, se possibile, spietati, di Al Qaeda. Il parallelismo con l’11 settembre con cui questo testo è cominciato non è affrettato né azzardato; è un risveglio amaro per l’Europa, per il mondo in generale. La Francia ha dichiarato lo Stato di Emergenza, cosa mai accaduta nella storia recente francese e ha deciso di chiudere straordinariamente le frontiere. L’Europa unita ci ha raccontato per 70 anni di aver portato la pace ma è davvero così?  Non siamo mai stati in pace; una cortina di ferro separa due civiltà da troppi anni ormai. Troppi interessi hanno permesso che il terrorismo non venisse mai realmente combattuto, finanziandolo quando faceva comodo e condannandolo quando invece non era più conveniente.Oggi ci svegliamo riscoprendo il passaporto per i nostri spostamenti; come se questa notte ci avesse portato indietro nel tempo. La triste verità è che quel tweet di IS è vero: “Ricorda, ricorda il 14 novembre”. Non dimentichiamo questa data, facciamola nostra come anno zero per la rinascita: l’Europa, gigante ferito e disunito all’interno, può e deve trovare la forza di reagire. ce lo chiede il mondo intero che sta a guardare. Da stanotte il Vecchio Continente non può più essere lo stesso, noi non potremo più essere gli stessi. E’ il momento di unirsi e combattere un vero e temibile nemico che con la religione in realtà non ha nulla a che fare. Il nemico è l’Isis e non l’Islam. La tolleranza e la solidarietà sono le armi da utilizzare, non l’odio verso il diverso. Non è un attacco alla nostra religione ma, al contrario, è proprio un attacco alla nostra laicità: la fede nella democrazia e nella libertà che distingue noi da loro.

E’ un nemico complesso da eliminare perchè è un mostro creato da noi in decenni di “guerre di pace” e bombardamenti. I loro video propagandistici sono figli delle serie TV americane, le armi da loro utilizzate sono di produzione occidentale e la maggior parte di loro, cosa più inquietante, sono cittadini europei, in mezzo a noi.

Stamattina ci sentiamo più insicuri e scioccati mentre andiamo al lavoro, all’università o facciamo le nostre faccende domestiche. Tuttavia fermiamoci un attimo e guardiamoci allo specchio: forse vedremo il vero nemico.

Multiversum, la nostra nuova avventura

di Fabiano Catania

“Gli eroi son tutti giovani e belli”. Così cantava in una sua celeberrima canzone Francesco Guccini e noi di “Multiversum” sposiamo questa filosofia.

Come dargli torto, il coraggio e la bellezza, sia essa fisica o sia essa interiore, è da sempre attribuita alla giovane età ma oggi che la gioventù “va di moda”, tocca comunque scontrarsi con la tragica realtà: nel nostro Paese non c’è posto per i giovani, né tantomeno per quelli che vorrebbero impegnarsi per cambiare le cose.

In un momento storico falcidiato dagli effetti della crisi finanziaria più grave della storia dell’umanità, i giovani sono sempre al centro di qualunque discorso: “un governo giovane”, “un linguaggio giovane”, “spazio ai giovani” e molte altre belle parole pronunciate da chi giovane non lo è più da diversi decenni.

Cosa hanno avuto fino adesso i ragazzi della mia generazione?

Il precariato, la probabilità di non avere una pensione né di poter creare i presupposti per una famiglia e una stabilità, le “tutele crescenti”. E noi “choosy e bamboccioni ci dimostriamo ingrati e non ringraziamo la generazione che ci ha tolto tutto perché incapace di guardare con lungimiranza e ora ci tende la mano con i suoi regali.

Il quadro appena delineato è volutamente pessimista, di un pessimismo che rasenta quasi il disfattismo ma è necessario a sottolineare che c’è chi non si arrende; ci sono ragazzi giovani, universitari e non, che hanno deciso di non arrendersi, alcuni rimangono ancora in Italia nonostante spesso questo Paese dimostri di non meritarli; altri sono andati via. Tutti sono accomunati dall’amore per il loro Paese e dalla convinzione che qualcosa di buono c’è ancora e può essere salvato. Quel qualcosa che può servire da base per ricostruire e provare a cambiare le cose.

Tutto ciò può suonare di certo ambizioso e forse un po’ arrogante ma l’idea alla base di “Multiversum” è questa: gli eroi sono tutti giovani e belli.

Aprire un blog che faccia da contenitore per i blog personali di tanti ragazzi, con le loro paure per il futuro, la loro rabbia, la loro gioia per traguardi avvenuti. La realtà senza filtro raccontata da chi ne fa parte e non da chi ha 50 anni di più ma pensa di poterla comunque trattare.

Magari non saremo tutti belli, magari non saremo eroi, anzi probabilmente non lo saremo mai ma un elemento che ci accomuna a questi ultimi ce lo abbiamo: il coraggio. Il coraggio di raccontarsi a chi vorrà leggerci; il coraggio di prendere una posizione sui temi dell’attualità; il coraggio di invertire la rotta di un paese dove è più facile parlare di frivolezze e disinteressarsi piuttosto che provare a essere cittadini attivi, veri.

Multiversum prova a fare questo, prova a dimostrare che esiste una voce che non può essere ignorata, un grido di aiuto o di gioia per chi vorrà ascoltarlo, un diario di esistenza.

Non cambieremo il mondo, sia chiaro, però se “la vera rivoluzione è cambiare te stesso”, noi ci vogliamo provare, senza pretese ma con l’impegno che ci contraddistingue in tutte le attività che intraprendiamo ogni giorno. Cambieremo noi stessi e vi offriremo un punto di vista, uno spunto di riflessione, un consiglio per una lettura, un film o un artista da seguire.

Benvenuti dunque dentro Multiversum, il viaggio tra universi paralleli, perché ogni ragazzo ha un universo dentro di se e noi lo metteremo nero su bianco per tutti coloro che vogliano esplorarlo.

Menti libere, come la libertà che solo la scrittura ci riesce a offrire e che oggi più che mai ci guida contro la piattezza degli anni zero.

L’entusiasmo non ci manca, la voglia di raccontare la realtà neanche. Forse non cambieremo il mondo, è vero, ma siamo giovani, ci capirete.